La nostra scuola può dar casa alle farfalle?

I bambini hanno raggiunto l’aula dell’incontro con “quelli delle farfalle” armati di grande curiosità. Avevano già avuto sentore che avremo fatto qualcosa di speciale e che sarebbe rimasto nella loro scuola. Sapevano avrebbe avuto a che fare con le farfalle – una parola che abbiamo sentito pronunciare da subito e con un sorriso solare – ma non sapevano bene cosa avremmo fatto.

Abbiamo voluto essere molto chiari con loro e franchi: gli abbiamo detto la verità, cercando di usare le parole più semplici e dirette possibili. Per chi ha che fare con studenti universitari e trasmette concetti scientifici e tecnici nelle scuole di Ingegneria o di Architettura non è immediato trovare le parole più esatte per veicolare il valore ecologico di quel che saremmo andati facendo. “Vedete che abbiamo la maglietta del Politecnico di Milano, sapete cos’è?” e poi “Sapete perché siamo venuti?” Dietro di noi, una foto con il logo di progetto HABITAT@SCUOLA “Che cos’è habitat?”

Cambiamo slide e arriva una foto dello skyline del Centro Direzionale di Milano, con Piazza Gae Aulenti e il bellissimo profilo della città. “Dove siamo?” Ed ecco che si rompono i primi indugi e alcuni (!) bambini riconoscono il proprio habitat cittadino. La città ha bisogno di espandersi, di modernizzarsi e di crescere. Serve per il lavoro e per aumentare il nostro benessere. “Ma… un momento…” Compare la foto di una bellissima farfalla colorata. Gli sguardi di una sessantina di bambini si riempiono di meraviglia. “Bella vero? Qual è l’habitat per questa farfalla, dove vive secondo voi?”

Non è luogo qui di ripercorre tutta la narrazione dell’incontro con i bambini. Il tema che abbiamo posto loro però è che se la città viene disegnata a misura d’uomo per efficientarsi e correre, può non avere più bisogno di quegli habitat che sono invece così adatti e utili alle farfalle e agli altri impollinatori, impollinatori che svolgono un ruolo così importante per preservare la biodiversità – il tutto è raccontato con linguaggio adulto in un paragrafo precedente di questa relazione. “Abbiamo chiesto alla vostra scuola se poteva dare casa alle farfalle e siamo qui perché le vostre insegnanti ci hanno detto di sì. Volete costruirne alcune nel vostro giardino?”. Il gruppo si surriscalda…

Sempre accompagnando il racconto con splendide fotografie, ripercorriamo con i bambini la meraviglia dei lepidotteri, ali di scaglia. Guardiamo ingrandimenti delle loro ali, con i colori, le iridescenze. Esploriamo le farfalle curiose come la 80 (Callicore eunomia) e la 88 (Callicore lyca). “Il davanti e il di dietro delle ali sanno essere molto diversi”. Gli occhi dalle migliaia di sfaccettature esagonali, le antenne, gli ocelli e poi la spiritromba (una parola che li fa ridere da matti). La capacità delle farfalle di mimetizzari per distrarre i predatori. Ogni tanto nella discussione emergono anche parole difficili (come chitina per esempio), ma il tutto è contrappuntato da loro osservazioni acute e domande che spiazzano durante il racconto. Il racconto della metamorfosi, per esempio, ha una potenza incredibile sui bambini – che pongono domande sulla crescita e sulla trasformazione che trapelano il loro desiderio (da bruco) di farsi farfalla. E’ strabiliante osservare quanti canali formativi si possono attivare per tramite della meraviglia: si spazia dalla bellezza artistica dei disegni sulle ali a qualche pasticcio di aritmetica nel chiedersi “ma se un bruco raddoppia il suo peso ogni due giorni, dopo due settimane quanto pesa?” Dopo aver contemplato insieme la bellezza di qualche crisalide e la magia dell’eclosione, arriva il tempo delle piante…  “Come si fanno ad avere le farfalle? Bisogna mettere le piante giuste!” Ed ecco che il racconto si tinge di verde, con le piante nettarifere, poi quelle rifugio e poi quelle per il riposo… . Si crea un’atrmosfera di grande libertà per la fantasia, che decidiamo di amplificare con un gioco poetico prima di andare in giardino e cominciare l’installazione